DECRETO RILANCIO E LICENZIAMENTI

DECRETO
RILANCIO E LICENZIAMENTI: COSA SUCCEDE?

Se ti è capitato di licenziare o di essere licenziato in
questo periodo per poi scoprire che in realtà non era possibile farlo non devi
preoccuparti, provvidenzialmente il Decreto Rilancio ha pensato anche al tuo
problema. Sono infatti numerosi i licenziamenti effettuati nelle prime
settimane di emergenza Covid in Italia, poiché inizialmente mancavano delle
direttive normative che ne regolassero la gestione, per cui non sei da solo.

Per capire cosa sta succedendo in ambito licenziamenti
occorre prima di tutto fare il punto della situazione accostando i due articoli
che ne disciplinano gli andamenti degli ultimi mesi, ossia l’Art. 46 del
Decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 e l’Art. 80 del Decreto Rilancio del 19
maggio 2020 che ne modifica alcuni aspetti.

Considerando che il Decreto Cura Italia nel frattempo è diventato legge, per cui le sue disposizioni permarranno nel nostro ordinamento legislativo, dobbiamo andare a considerare le nuove disposizioni invece del Decreto Rilancio come variazioni sul tema “emergenza pandemica”.

COSA DICONO I DECRETI

Accostiamo subito i 2 Decreti per capire meglio quali sono
le modifiche apportate dal Consiglio dei Ministri in questi giorni.

Art. 46 Cura Italia, 17 marzo 2020:

“A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente
decreto l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23
luglio 1991, n. 223
(legge sulla mobilità e sulla riduzione del personale e
sui suoi criteri, ndr)è precluso per 60 giorni e nel medesimo periodo sono
sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio
2020. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro,
indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per
giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio
1966, n. 604″

Modifiche apportate dall’Art. 80 del Decreto Rilancio, 19
maggio 2020:

 a) al comma 1, le
parole: “60 giorni” sono sostituite dalleseguenti: “cinque
mesi” ed è aggiunto infine il seguente periodo:”Sono altresì sospese
le procedure di licenziamento per giustificatomotivo oggettivo in corso di cui
all’articolo 7 della legge 15 luglio1966, n. 604.”;

 b) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: “1-bis. Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero  dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo  2020  abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato  motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge  15  luglio  1966,  n.604, puo’, in deroga alle previsioni di cui  all’articolo  18,  comma10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare  in  ogni  tempo  il recesso purchè contestualmente faccia richiesta del  trattamento  di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli  da  19  a  22,  a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso,il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri ne’ sanzioni per il datore di lavoro”.

COSA RIMANE UGUALE

Dalle nuove norme si evince che rimane invariata la
disposizione per cui è vietato licenziare i propri lavoratori,
indipendentemente dal numero dei dipendenti dell’azienda ed indipendentemente
che si tratti di licenziamenti collettivi o individuali, se la motivazione è
“giustificato motivo oggettivo” causato dall’emergenza Covid-19.

La normativa prevede infatti che nel caso sia necessario, o
lo sia stato, tenere chiuso per esempio un ramo della produzione i lavoratori
dello stesso debbano essere o ricollocati su altri rami o, nel caso l’azienda
decidesse di ricorrere agli ammortizzatori sociali, vadano messi in cassa
integrazione come il resto dei lavoratori.

Per quanto riguarda gli apprendisti anch’essi hanno diritto alla cassa integrazione, per cui non sarà possibile usufruire del loro servizio nei periodi di interruzione del lavoro e tanto meno questo periodo concorrerà al raggiungimento del periodo di formazione, in altre parole se l’azienda chiudesse per 2 mesi la scadenza del contratto slitterebbe di 2 mesi, durante i quali comunque l’apprendista dovrà seguire le formazioni “esterne” a cui eventualmente non fosse stato in grado di partecipare a causa della chiusura dei poli ad essa dedicati.

COSA CAMBIA

In merito al nuovo Decreto in primis si prolunga di fatto il
periodo di blocco dei licenziamenti, prorogandolo fino a 5 mesi a partire dal
23 febbraio, il termine ultimo perciò sarà il 22 luglio 2020.

Il datore di lavoro avrà inoltre la possibilità di rettificare la propria posizione nei confronti di eventuali lavoratori licenziati nel primo periodo di emergenza coronavirus, in cui non erano ancora presenti disposizioni in materia, e che quindi abbia proceduto alla rescissione di alcuni contratti.Infatti tra il 23 febbraio 2020, data ufficiale di inizio dell’emergenza nel nostro paese, e il 17 marzo 2020, data di promulgazione del primo Decreto, passano 23 giorni di buco normativo, colmato poi appunto dal Cura Italia che ha previsto la possibilità di sanare le posizioni di questi lavoratori inibendone i licenziamenti con effetto retroattivo appunto al 23 febbraio.

La sanatoria diventa effettiva, senza oneri né sanzioni, nel momento in cui, oltre al reintegro del lavoratore si presenti per esso la richiesta di cassa integrazione, mettendolo quindi al pari dei colleghi.

LE RISOLUZIONI CONTRATTUALI POSSIBILI IN QUESTO PERIODO

Ovviamente rimangono in piedi le possibilità di recedere i
contratti lavorativi in caso di risoluzioni contrattuali consensuali o in
presenza di dimissioni.

Resta valido il licenziamento per “giusta causa”, quello
cioè dettato dal comportamento scorretto e comunque non consono al luogo di
lavoro da parte del lavoratore e per cui questi abbia ricevuto dei richiami
ufficiali.

Relativamente a contratti ancora nel pieno del periodo di
prova è facoltà del datore di lavoro non confermare l’assunzione.