Prestazioni professionali gratuite guai per il professionista

Prestazioni professionali gratuite o non pagate: il professionista rischia l’accertamento

Se siete dei professionisti e state leggendo questo articoli, sicuramente vi sarà capitato almeno una volta, che un cliente, per questioni personali o economiche non abbia pagato una parcella.

Il fenomeno dell’insoluto per la prestazione professionale, o semplicemente un favore fatto ad un amico che chiede di potersi avvalere della vostra professionalità a titolo gratuito, potrebbe generarvi dei seri problemi con il fisco.

Frequenza delle prestazioni gratuite: un boomerang in piena faccia

Il professionista fa ed ha sempre fatto affidamento sul c.d. “principio di cassa”, ossia la fattura per la prestazione svolta, viene emessa solo nel momento in cui la prestazione è stata pagata.

Per questo motivo, se la prestazione non viene corrisposta dal committente per problemi di liquidità o per accordi interni, al relativa parcella non verrà mai emessa.

La presunzione sulla quale poggia l’accertamento fiscale al professionista si basa su molti fattori, uno dei quali, se non il principale è lo scompenso tra prestazioni fatte e compensi ricevuti.

Un’ulteriore fattore di presunzione di evasione di imposta da parte del professionista, è sicuramente il compenso pattuito. Quasi tutti gli ordini e le associazioni professionali hanno delle tabelle di riferimento, sui compensi da applicare alle prestazioni

La presunzione di evasione per scompenso tra prestazioni e compensi legittima l’accertamento induttivo

La presunzione di evasione, come visto precedentemente, pone gli accertatori nella scelta se agire o meno per via induttiva di cui art. 39 DPR 600/72.

In particolare l’accertamento analitico induttivo è regolato dall’articolo 39 comma 1 lett. d). La lettera d), prevede che, qualora l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicanti nella dichiarazione o nei suoi allegati, risulti dalle ispezioni o verifiche compiute nei confronti del contribuente, e da dati e notizie raccolte dell’ufficio mediante l’esercizio dei suoi poteri ai sensi dell’articolo 32 del DPR n. 600/1973, è prevista la possibilità per l’amministrazione di desumere l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Quando si agisce per via induttiva, purtroppo, gli accertatori desumono, grazie agli elementi extracontabili raccolti, dei potenziali redditi non dichiarati, basandosi su tabelle professionali di riferimento, conti correnti personali e tutto ciò in deroga alle loro competenze d’ufficio.

Non ci vuole molto a capire che, spesso e volentieri, in questi casi, il Fisco calcola i redditi per sproporzione, quindi a estremo sfavore del contribuente, in questo caso il professionista.

La giurisprudenza e i casi

A proposito di quanto detto, ai noi, c’è molta giurisprudenza favorevole alla parte fiscale.

In particolare vorrei rendervi nota la recentissima Sentenza di Cassazione n. 6215/2018 ove un professionista, quale avvocato, ricorreva ad una sentenza in appello, ove i Giudici legittimavano il comportamento dell’Agenzia delle Entrate, la quale si avvaleva dell’accertamento induttivo per rilevare delle incongruenze ed evasione d’imposta, il quale professionista giustificava come prestazione gratuite a suoi “amici e parenti”.

La CTR (Commissione tributaria Regionale), esprimeva, già prima il suo parere secondo il quale:

La rinuncia “diffusa e sistematica” ai compensi per le prestazioni professionali, anche di non modico valore, rese sia dinanzi ai giudici di pace che al tribunale, civile ed amministrativo, connotava di gravità, precisione e concordanza, le presunzioni di maggiori redditi accertati induttivamente dall’amministrazione finanziaria, ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600 del 1973, trattandosi di comportamento che, tenuto conto del numero esiguo delle fatture emesse e dell’esiguità del reddito dichiarato, configgeva con le elementari regole di ragionevolezza, non superabile dalle dichiarazioni rese da alcuni clienti, in quanto prive di intrinseca credibilità.

L’avvocato ricorreva poi in Cassazione, nell’extrema ratio sentenziava:

In tema di rettifica delle dichiarazioni dei redditi d’impresa, qualora l’amministrazione constati delle irregolarità della contabilità di gravità tale da determinare un’inattendibilità globale delle scritture, è autorizzata, ai sensi delle citate disposizioni, a prescindere da esse ed a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva: la circostanza che le irregolarità contabili siano così gravi e numerose da giustificare un giudizio di complessiva inattendibilità delle stesse rende, dunque, di per sé sola legittima l’adozione del metodo induttivo (tra le altre, Cass. n. 9097 del 2002, n. 27068 del 2006, n. 6086 del 2009, n. 18902 del 2011, n. 13735 del 2016).

In estrema sintesi: è possibile, sì, fare delle prestazioni a titolo gratuito, ma dal momento in cui diventano frequenti e sistematiche, l’Uffico è giustificato nell’applicare quanto previsto nell’accertamento induttivo e ricalcolare i redditi “per sproporzione ” e ricalcolarne il reddito applicando le sanzioni per evasione e infedele dichiarazione di cui Dpr 600/72.

Fisco e metodi di controllo: G. Orwell “1984”

Come sappiamo, il Grande Fratello, ci tiene tutti sotto controllo, specie quando si tratta di imposte e tasse.

Per il Fisco, grazie ai “Big Data” come il sistema SER.PI.CO (per chi non lo sapesse è un software deep learning, ossia intelligente, messo a disposizione dell’ADE, GdF e Procura, per incrociare i dati di tutti i contribuenti con centinaia di database contenenti dati sensibili) è un gioco da ragazzi accertare eventuali redditi non dichiarati derivanti da prestazioni eseguite.

Ad esempio, è risaputo, che per i Legali, il Fisco riesce a desumere i compensi dal numero di pratiche presentate ai Tribunali, le quali vengono ormai eseguite in forma telematica. Incrociando le cause seguite e i compensi medi tabellari, i funzionari hanno un’idea molto precisa dei compensi del professionista monitorato.

Lo stesso vale anche per Commerciialisti, Tributarisiti, Revisori ecc … Dal numero di spedizioni telematiche tramite Entratel, Comunica, INPS ed altri sistemi a disposizione, il Fisco deduce il reddito con estrema facilità.

Quindi cari professionisti, prima di non farvi pagare o fare un “favore” a qualcuno, pensateci.