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Vendere alimenti fatti in casa

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Vendere alimenti fatti in casa: apri un’impresa alimentare domestica (IAD)

Se mi domandassero “per cosa sono famosi gli Italiani nel mondo?” francamente la prima cosa che risponderei è “la cucina”. Abbiamo un patrimonio enogastronomico unico al mondo, con i nostri 295 prodotti D.O.P. ed I.G.P. e 523 vini D.O.C. siamo il Paese europeo con il maggior numero di presidi enogastronomici riconosciuti dall’UE (1 su 4 a livello europeo è italiano).

Di per certo c’è il fatto che non sappiamo solo commercializzare i nostri prodotti ma sappiamo anche cucinarli bene, per noi italiani la cucina è un fattore culturale prima che una mera necessità fisiologica, tant’è vero che molte persone negli ultimi anni hanno pensato di sfruttare la propria abilità ai fornelli per arrotondare le entrate a fine mese o di farla diventare la propria occupazione principale, soprattutto nel caso di neo mamme, pensionati e ragazzi alle prime armi col mondo del lavoro e senza le disponibilità economiche sufficienti ad aprire un negozio o un ristorante.

Da qualche anno ormai la Comunità Europea riconosce finalmente questo tipo di occupazione come I.A.D. ossia Impresa Alimentare Domestica, una microimpresa che produce prodotti gastronomici tra le mura di casa e poi li commercializza: se aprire un ristorante ti sembra un progetto troppo ambizioso questa può essere la soluzione che fa al caso tuo.

QUALI REQUISITI DEVO AVERE?

In realtà nessun requisito in particolare è richiesto, l’unica discriminante è l’aver raggiunto la maggiore età, risulta chiaro comunque che sia indispensabile essere a conoscenza delle buone norme igienico-sanitarie di base quando si opera nel settore della ristorazione, per cui sarebbe buona norma acquisire la certificazione HACCP tramite i vari corsi che propongono le Regioni e vari enti specializzati in formazione.

Una corsia preferenziale potrebbe essere costituita anche dal possesso di un qualche attestato di cucina, soprattutto nel momento in cui si cominciasse a commercializzare i propri prodotti anche al di fuori della cerchia di amici e conoscenti.

CHE CARATTERISTICHE DEVE AVERE CASA MIA?

Da regolamento CE 852/2004 l’abitazione privata nella quale opereresti non deve avere necessariamente una cucina adibita esclusivamente a laboratorio ma può avere anche una sola cucina di famiglia, purchè sia adeguatamente attrezzata e rispetti i dettami igienico-sanitari per garantire la sicurezza alimentare dei prodotti commercializzati (chiaramente una seconda cucina adibita a laboratorio risulta meno esposta a rischi e a punti critici nella preparazione degli alimenti).

Indispensabile poi avere dei servizi igienici, che possono essere ovviamente quelli familiari purché dotati di un antibagno o di un disimpegno con asciugamani monouso e rubinetto a comando non manuale (pedale, fotocellula e simili).

Da ultimo è necessario possedere un locale adibito a spogliatoio, che nel caso dell’abitazione privata può essere rappresentato da gli stessi servizi igienici, oppure dalla camera da letto o il soggiorno.

E’ fondamentale che sia tutto a norma per ricevere l’Ok dell’ASL che verrà a fare un sopralluogo prima di partire con l’impresa.

QUALI PRODOTTI POSSO COMMERCIALIZZARE?

Tutto ciò che ti viene in mente, ad eccezione degli alcolici che sono regolamentati da una licenza a parte, per cui prodotti tipici, alimenti pronti e solo da riscaldare, catering completi, conserve e confetture, dolci e torte, bevande NON alcoliche… tutto ciò in cui ti senti più ferrato e per cui possiedi l’attrezzatura adatta e a norma.

ETICHETTATURA E RINTRACCIABILITA’ DEI PRODOTTI

Secondo il regolamento CE 1169/2011 è obbligatoria nella commercializzazione di prodotti alimentari l’etichettatura: è sicuramente una regola che a qualcuno potrebbe far storcere il naso ma indispensabile, senza considerare che un prodotto correttamente etichettato si presenta in modo più professionale.

Sarà necessario indicare, oltre a nome del prodotto e dell’impresa che lo distribuisce, l’elenco degli ingredienti, i valori e le indicazioni nutrizionali, la metodologia di conservazione e la data di scadenza.

In ultimo, ma non meno importante, fornire le indicazioni sul paese di provenienza dei vari ingredienti e sulla loro lavorazione, secondo il regolamento CE 178/2002 in merito alla rintracciabilità degli alimenti.

MODALITA’ DI VENDITA

Puoi scegliere la modalità di vendita che ritieni più congeniale, ovviamente conformandoti a quelle che sono le regole per quello specifico settore, ad esempio puoi vendere al mercato rionale, oppure tramite delivery consegnando perciò la tua merce direttamente al domicilio del cliente, in alternativa puoi puntare sul commercio online inserendo inserzioni sul tuo sito o sulle tue pagine social accordandoti direttamente col cliente sulle modalità di consegna oppure ancora affittando un food-truck e vendendo in modo ambulante, insomma le soluzioni sono tante ed una più congeniale al tuo business plan ci sarà sicuramente.

APRIRE UNA I.A.D: PRATICHE E COSTI

Per aprire una IAD è indispensabile aprire una P. IVA, ma non disperate, l’inquadramento contabile può avere diverse forme a seconda della vostra mole di lavoro e quindi di guadagno. Il consiglio, almeno all’inizio, è di partire con un regime forfettario, per il quale avrete da pagare un forfait di tasse l’anno pari al 15% del fatturato, regime applicabile a società però con ricavi non superiori al 65.000 euro annui, ma per incominciare potrebbe essere la soluzione più logica.

Il consiglio comunque è di farvi seguire in quest’operazione da una figura esperta poiché sarà indispensabile individuare il codice ATECO a voi più congeniale ed aprire una vostra posizione INPS per poter procedere con il versamento dei contributi e degli oneri fiscali, essendo inquadrati nella sezione artigiani.

Aprire una P.IVA di per sé non ha costi, tranne ovviamente quello vivo del commercialista, il quale dovrà successivamente iscrivervi all’albo artigiani dell’INPS ed alla Camera di Commercio, producendo un documento chiamato SCIA, nel quale si indicheranno espressamente tutti i prodotti che andrete a commercializzare (per cui fate bene mente locale in merito prima di allora).

La SCIA ha un costo variabile a seconda del Comune presso cui viene depositata e dal tempo che richiede al vostro professionista di fiducia la sua deposizione, considerando anche la comunicazione della stessa all’ufficio SUAP di competenza.

L’ultimo step da superare è quello relativo alla verifica da parte dell’ASL, ente che avrà l’ultima parola sull’apertura effettiva dell’attività e che potrà imporre delle modifiche anche strutturali dei locali adibiti ad impresa qualora le ritenga necessarie dal punto di vista normativo.

I costi vivi quindi sono quelli del commercialista e dei bolli necessari ad espletare le pratiche di apertura, i contributi INPS della sezione artigiani e la tassazione obbligatoria (abbiamo già detto che la tassazione di un ipotetico regime forfettario ammonta al 15% del fatturato), il resto delle spese da sostenere riguarda chiaramente la materia prima per la produzione e gli eventuali macchinari o strumenti di lavoro. Un investimento iniziale piuttosto basso e conveniente.

Gianmaria@

Tributarista accreditato Blogger Studio di diritto fiscale e tributario

2 commenti

Erika De Colle Scritto il6:56 PM - 9 Aprile 2021

buongiorno, questo articolo è molto interessante per me che sto cercando di trovarmi un reddito visto che lavoro non se ne trova. Volevo capire se c’è un limite di ricavo entro il quale non si può più essere considerati I.A.D. esempio se vendo più di 20000 euro di prodotti ? (un numero a caso) devo rientrare in qualche altra categoria ?
Inoltre risulta escluso solo il settore alcolici ? per il resto posso trasformare qualsiasi cosa ?
Ancora, posso utilizzare prodotti autoprodotti ? per esempio in caso di conserve/marmellate ?
L’etichettatura che prevede valori nutrizionali e altro, da chi devo farmela “certificare” ? chi mi da i valori ?
grazie se potete chiarirmi questi punti.

    Gianmaria@ Scritto il5:05 PM - 10 Aprile 2021

    Buongiorno,

    grazie per averci scritto 😀 Per questi quesiti sarebbe meglio scriverci in privato tramite mail gallarato@studiogallarato.it .

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